ALL. NR.70) CON FALCONE IL P.C.I. ANDAVA IN GALERA QUINDI............................
QUELLO CHE SEGUE è un piccolo estratto del libro "IL VIAGGIO DI FALCONE A MOSCA" che............................stranamente fu tolto dalle librerie e ne fu vietata la ritampa;
Attualmente lo si può leggere comperandolo in versione Kildler, sia da Amazon che da altri fornitori;
Il libro fu scritto dal Dr. Valentin Stepankov, all'epoca Proc. Generale di Mosca con l'aiuto, anche per la traduzione in italiano, di Francesco Bigazzi il quale ha provveduto ad estrapolarne un capitolo e pubblicarlo in rete unitamente ad ulteriori sue riflessioni sul P.C.I. che comunque appaiono evidenti e logiche.
A breve acquisterò il libro, (Da leggere sul computer), ed in libreria tra qualche giorno mi arriverà anche l'altro cioè "L'Oro di Mosca", che tratta la sessa tematica pur non avendo tutti i dettagli di questo.
IL VIAGGIO DI FALCONE A
MOSCA
Quando ho incominciato a scrivere il libro il viaggio di Falcone a Mosca
(Mondadori) insieme a Valentin Stepankov, egli sosteneva che l’attentato
a Giovanni Falcone, un attentato così devastante, non poteva essere stato
organizzato soltanto dalla mafia:
doveva esserci il coinvolgimento di forze oscure, perché fino a quel
momento la mafia non era mai stata capace di attuare un’azione di tali
dimensioni e, secondo esperti sovietici, era stato usato lo stesso tipo di
esplosivo utilizzato dall’esercito.
Inizialmente accolsi questa ipotesi con diffidenza, ma poi, discutendone,
mi venne il dubbio: l’attentato di Capaci aveva rappresentato una svolta
incredibile, in un periodo storico molto importante, che seguiva alla caduta
del comunismo. Era avvenuto quattro giorni prima della data in cui
Falcone sarebbe dovuto andare in Russia per incontrare Stepankov per
un secondo colloquio.
Tutti pensavano che Falcone si occupasse dei finanziamenti illeciti
provenienti dall’Unione Sovietica, in realtà era stato incaricato da
Francesco Cossiga d’indagare sulla Gladio rossa.
Stepankov mi ha riferito che quella era la prima volta che sentiva parlare
della Gladio rossa. Lui, che ha sempre avuto un’ammirazione straordinaria
per Falcone, è stato il magistrato più giovane della storia dell’Unione
Sovietica, a poco più di cinquant’anni era già procuratore generale, prima
dell’Urss e poi della nuova Russia; per questo vedeva, per la prima volta,
con una mentalità diversa, la possibilità di collaborare con la giustizia italia
na, perché riteneva che fosse di vitale importanza anche per la Russia
quello che Falcone stava cercando. Gli interessi si sono poi congiunti,
perché entrambi avevano grandi progetti per i rispettivi paesi. Quando
hanno incominciato a collaborare, hanno tentato di seguire i vari rivoli dei
rapporti tra mafia e politica, sia per la Gladio rossa sia per i finanziamenti
che si sono succeduti in varie epoche. Occorre dire che lo stesso
Stepankov, insieme al suo assistente Aristov, mi hanno aiutato fornendo
documenti essenziali per il libroOro da Mosca che abbiamo scritto con
Valerio Riva.
Stepankov voleva accertare il flusso dei soldi sovietici arrivato in Italia e
soprattutto se fossero arrivati a chi sarebbero dovuti arrivare. Poi voleva
verificare dove fossero finite le immense somme di denaro che erano state
depositate all’estero dal KGB per incarichi speciali. Infatti, quando è
crollata l’Unione Sovietica, il KGB è stato rinnovato completamente, ma in
molte capitali straniere restavano le sue enormi giacenze. Stepankov
voleva anche controllare quali erano i rapporti tra le società miste, in
quanto una delle innovazioni di Gorbaciov prima della caduta del comunismo
era stata quella di cominciare a finanziare i vari partiti occidentali ricorrendo
all’espediente delle società miste. Quando c’è stato lo scandalo della
vicenda di Salvini per i presunti soldi dalla Russia, ho visto il documento
e ho capito subito che era una copia di quelli che facevano i servizi
segreti sovietici per finanziare ai tempi, non la Lega, ma il Pci. Quindi tra
coloro che hanno organizzato quella vicenda c’erano personaggi
appartenenti all’ex Pci.
C’è un documento pubblicato nel libro Oro da Mosca che è molto simile, se
non identico, a quello prodotto nel caso Lega: si riferiva anch’esso a una
fornitura di petrolio che avrebbe permesso il guadagno di una percentuale
di quattro milioni di dollari, che sarebbero poi servita per andare a
finanziare il Pci. Questo era lo scopo di Stepankov in Italia, mentre quello
di Falcone, secondo quanto raccontato da Stepankov, era non solo di
andare a scoprire i finanziamenti al Pci, ma anche le relazioni con il
terrorismo, la Gladio rossa e l’estrema sinistra in Italia. Questo perché,
come riportato dal libro, hanno scoperto che nella sede del Comitato
Centrale del Pcus, nella Piazza Vecchia di Mosca, c’erano quattordici
stanze, che formavano l’ufficio più segreto, il 514, dove realizzavano
passaporti falsi e parrucche, dove si recavano delegazioni, anche del Pci,
per
studiare quelle che chiamavano lotta patriottica e lotta partigiana e dove
venivano gestite basi come, per esempio, quelle in Italia. L’Unione
Sovietica, nel momento più drammatico della guerra fredda, aveva basi
soprattutto sull’Appennino. Qualche anno
fa, un interessante articolo su “L’Europeo” parlava di una serie di basi
segrete, con radio sofisticatissime ed esplosivi, che cambiavano spesso
sede: l’ultima volta furono spostate dopo l’avvento di Berlinguer, quando
è iniziata l’epoca degli attentati. Cambiarono sede, ma restarono
nell’Appennino Tosco- Emiliano. Renato Risaliti, studioso dell’Urss di area
Pci, in un’intervista confermò l’esistenza di queste basi, dicendo che erano state
organizzate per far fronte a un eventualmente colpo di stato manovrato
dall’America.
L’incontro con Falcone, che sarebbe dovuto avvenire a Mosca, aveva
un’importanza fondamentale e, quando intervenne l’attentato, Stepankov
mi chiamò e mi disse che difficilmente le indagini sarebbero potute
proseguire. Fu costretto a rinunciare un anno dopo, perché, quando ci fu
l’attacco alla Casa Bianca e il parlamento russo era stato occupato in un
contro-colpo di stato dagli oppositori di Boris Eltsin, egli si rifiutò di
firmare l’intervento dell’esercito contro la Duma, Per questo motivo è stato punito e
destituito dall’incarico di procuratore generale ai vertici della magistratura
russa.
Stepankov, che ora ha uno studio di consulenza legale, mi riferì che, al
posto di Falcone, andarono in Russia altri collaboratori di Roma, con cui
ebbe un incontro molto cordiale, ma l’indagine non proseguì.
Immediatamente terminò tutta la vicenda.
In questo momento, con Putin, non è più possibile avere accesso a questi
e altri documenti, anche per gli stessi russi, perché si tratta di eventi che
appartengono a un periodo storico considerato superato e chi cerca di fare luce sui
crimini del comunismo viene bloccato. Questo non accade solo in Russia: in Italia
nei vari documentari sulla Rivoluzione d’ottobre trapela una nostalgia del
comunismo.
Anche la Commissione Mitrokhin è stata chiusa senza risultati. Io feci venire in
Italia per un’audizione in commissione un’importante spia sovietica, Leonid Kolosov, uno dei capi
del KGB in Italia per anni. Un libro di sue memorie racconta il suo operato nel
fornire direttamente a Eugenio Scalfari informazioni sul caso SIFAR. Tuttavia oggi
mi interessa far presente come, in altri due libri incentrati sulla sua permanenza in
Italia come inviato della “Izvestija”, egli si vantasse di avere avuto un rapporto
privilegiato con tutti i mafiosi siciliani e di conoscerli alla perfezione.
Interi capitoli raccontano come li incontrava, parlava con loro del caso Mattei e
tanto altro. Ho proposto di tradurre e pubblicare questi libri, ma nessun editore ha
accolto la proposta.
Per esempio, in questi libri viene pubblicata una foto della tessera di giornalista di
Mauro De Mauro, eliminato il 16 settembre 1970 perché sapeva troppo, che riporta
la scritta in russo: “tessera da giornalista dell’agente-compagno Leskov”, il suo
pseudonimo. Questa è la versione di una famosa spia che è stata ascoltata dalla
Commissione Mitrokhin, perciò è riconosciuta come di grande valore e inserita in un
libro stampato in migliaia di copie, ma a nessuno è venuto in mente di verificarne
la veridicità. La tendenza è sempre stata quella di ignorare e di nascondere tutto.
Falcone era interessato a queste vicende perché era a conoscenza dei legami tra la
mafia e i servizi segreti sovietici e sapeva anche che, tramite questi legami, c’era
una collaborazione tra una forma di terrorismo rosso e la mafia.
Sempre per la Mitrokhin, ero andato due volte in America a intervistare un grande
personaggio, Oleg Kalugin, il numero due del KGB, poi fuggito negli Stati Uniti, che
aveva rilasciato importanti dichiarazioni, in seguito secretate, e che non riesco più
a ritrovare.
Mi propose anche di fornirmi particolari sull’assassinio di Moro: non aveva seguito
l’affare personalmente perché lavorava in un altro settore, ma era convinto che
Moro fosse stato tradito da uno dei suoi collaboratori. Io ho riportato queste
dichiarazioni, ma si è fermato tutto.
Mi avevano chiesto di collaborare con la Mitrokhin per compiere alcune verifiche,
perché nelle 240 schede della commissione erano inseriti molti giornalisti italiani.
Il mio compito era di verificare, tra l’altro, se le testimonianze corrispondessero,
anche per capire se c’era chi facesse il doppio gioco. Ho svolto un lavoro molto
ampio, ho redatto un rapporto lunghissimo, apprezzato da Enzo Fragalà, che nel
2010 fu ucciso. Al termine dei lavori della commissione chiesi di potere tornare in
possesso di questo rapporto, ma mi dissero che era sparito. Quindi in Italia non si
riesce a fare luce sui misteri perché non si vuole sapere come sono andate le cose,
non perché non si possa. Non so quale sia la ragione, anche perché sono
trascorsi tanti anni. Anche la Cia ogni tanto apre gli archivi, mentre ancora oggi gli
storic i italiani non hanno niente in mano.
La cosa assurda è che io ho una raccolta di libri di ex agenti del KGB, personaggi di
primo piano, in cui è inutile pretendere di trovare segreti profondi, ma alcune
questioni sono messe in luce. Quasi nessuno di questi libri è stato tradotto, a
parte quello di Pavel Sudoplatov, Incarichi speciali, pubblicato da Rizzoli. Sono molto
interessanti i due libri di Leonid Kolosov, che, tra l’altro, era un ottimo giornalista,
perché descrive l’Italia dal punto di vista di una spia sovietica e i suoi racconti sulla
mafia, con i suoi viaggi per incontrare i mafiosi, sono incredibili. Era seguito
senz’altro dai servizi segreti italiani. Poi, c’è un libro di Oleg Neciporenko Tre
pallottole per il Presidente, che parla dell’assassinio di Kennedy. Lui conosceva
Oswald, perché, quando questi era andato in Bielorussia, il KGB aveva cercato di
arruolarlo, e poi lo incontrò di nuovo nell’ambasciata russa in Messico.
Sono notizie ignorate da tutti, nonostante siano state scritte in questo libro.
In alcuni paesi, come la Polonia, e perfino la Bulgaria, sono stati istruiti processi al
comunismo. Non ne siamo stati informati perché, dopo la fine del comunismo, in
Italia nessuno se ne è interessato. Quando c’era Solidarność la Polonia era ogni
giorno sulle prime pagine dei giornali, dopo la fine del comunismo si è smesso di
occuparsene, se non da parte della sinistra per attaccare Wałęsa e il nuovo governo.
In realtà, nell’Europa dell’Est ci sono state varie forme di autocritica, anche molto
interessanti. Per esempio, in Polonia, per fare carriera in alcuni settori, occorre
dichiarare che non si apparteneva al partito comunista. In Russia, dopo la caduta
del comunismo, sono stati istruiti vari processi, conclusi con molte condanne. Io ho
seguito, insieme a Stepankov, la condanna ai golpisti e ho intervistato anche in
carcere l’ex primo ministro.
Quello che si può dire è che non ci sono state vendette e questo è giusto,
diversamente da quanto è accaduto in Italia con la caduta del fascismo.
Vi siete mai domandati quanti russi lavoravano come spie in Italia e quanti italiani
lavoravano per i servizi segreti russi? E non parlo solo di quelli del Pci, perché
c’erano anche quelli degli altri partiti. All’epoca ne incontrai tanti che oggi si sono
riciclati.
Vladimir Bukovskij, poco prima di morire, aveva avuto l’idea di organizzare un
tribunale del comunismo. Varie organizzazioni come Memorial, che hanno lottato
contro il comunismo, sono ancora aperte, perché i loro avversari non si possono
permettere di chiuderle.
Però, per esempio, il centro Sacharov, che era molto importante, ora è stato
ridimensionato. Putin gioca sul sentimento nazionale, per cui la Russia non può
essere indebolita, e soprattutto sull’accordo con la nuova chiesa ortodossa del
patriarca Kirill, cui ho fatto una lunga intervista. Putin, che era un comunista, è
diventato uno degli alleati più forti di Kirill: gode ancora di una certa popolarità,
anche perché trova in alcuni settori della Chiesa ortodossa un sostegno abbastanza
forte. Inoltre, non emerge un’alternativa per il dopo Putin e non ci sono movimenti
di opposizione.
Ora alle manifestazioni pubbliche intervengono dai mille ai cinquemila manifestanti
al massimo, mentre prima della caduta di Gorbaciov si contavano centinaia di
migliaia di partecipanti.
Oggi in Russia non c’è una resistenza a Putin. Quando lavoravo al consolato di San
Pietroburgo, ci fu un momento molto importante, con l’unione di tutti i gruppi di
opposizione, sia di destra sia di sinistra.
C’era Boris Nemtsov, già vice-primo ministro della Federazione russa, che conoscevo
molto bene, ma anche Garry Kasparov, noto perché fu più volte campione mondiale
di scacchi, e Eduard Limonov, morto a marzo di quest’anno. È stato un momento
straordinario, ma non un movimento di popolo come quando ci furono le grandi
manifestazioni che precedettero il tentato golpe dell’agosto 1991, il cosiddetto golpe
balneare contro Gorbaciov. Oggi Alexei Navl’nyi, anche grazie all’utilizzo delle nuove
tecnologie, riesce ad avere un certo seguito, con alcune manifestazioni che però
restano ancora sporadiche.
È un momento di grande riflessione, anche se, dopo le sanzioni dei vari paesi contro la
Russia di Putin, sta crescendo un certo malcontento popolare.
Nei prossimi mesi, se dovesse persistere una situazione critica come quella attuale,
forse potremmo assistere a nuove grandi manifestazioni, ma non c’è
un’organizzazione politica e i politici più illuminati vengono o eliminati, come
Nemtsov, o isolati. Io scrissi un articolo, che venne pubblicato anche dal
“Corriere della Sera”, in cui riportavo come dal 1993 a oggi in Russia siano stati
uccisi più di 370 giornalisti e indicavo anche i loro nomi.
Perciò il potere che ha imposto Putin è forte e difficile da contrastare, e la gente
oggi, dopo la fine del comunismo e la caduta dell’illusione di Gorbaciov, non ha più
interesse per la battaglia politica. Non ce l’hanno ad esempio i giovani, che pensano
soprattutto ad arricchirsi.
Tags: Francesco Bigazzi
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https://it.wikipedia.org/wiki/Crimini_di_guerra_sovietici
Crimini di guerra sovietici
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